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| Foto modificata di Diego Piccaluga |
La Macchina,
pensieri negli anni settanta.
Ci hanno dato l’illusione che le macchine avrebbero risolto molti problemi dell’uomo.
Sessanta anni fa, le ore lavorative variavano,
dalle dieci, alle dodici ore il giorno, se non di più.
Gli operai, i contadini, ne uscivano distrutti, a quarant’anni sembravano già vecchi. A un certo punto, negli anni settanta, è uscita la bella “favoletta” che le macchine avrebbero ridotto le fatiche dell’operaio, e del lavoratore in genere.
Sembrava che in futuro, invece di lavorare dieci o
dodici ore il giorno, si sarebbe potuto lavorane solo sei: conservando lo
stesso stipendio, e quindi, le ore restanti della giornata, gli operai,
avrebbero potuto passarle con la famiglia, con amici; coltivare hobby o
l’orticello, o leggere, istruirsi maggiormente.
Sotto un certo punto di vista è stato proprio cosi,
anzi, ancora meglio; oggi, l’operaio si trova completamente sollevato dalle
fatiche del suo lavoro; la macchina l’ha sostituito in tutto e per tutto. Ora,
i nostri bravi operai, hanno tutto il tempo a disposizione; c’è, però una
piccola nota stonata, non hanno più soldi per mantenere la famiglia, poiché
molti di loro sono stati licenziati.
Dov’è finito tutto quel benessere che ci avevano
promesso, negli anni settanta? Quelle promesse che la macchina avrebbe lavorato
per noi, dandoci la possibilità di vivere meglio?
La macchina è, sì, arrivata: ha sostituito il
lavoro dell’uomo e come c’era da aspettarselo, è servita solo al potere per
avere più potere; fine della favolina.

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